...e poi nulla succede. Dare il resto e poi sorridere è arrivato secondo. Un ottimo risultato, direi, ma non IL risultato. Richieste di adozione non pervenute e tutto continua il suo corso, una figlia che affronta a testa alta i suoi primi esami, le altre due che godono dell'agognato riposo, lo spiritello allegro improvvisamente muto, stecchito, la scheggia che balla il tip tap, più baldanzosa che mai. Io qui a traghettar parole che più spesso del solito si incagliano, e poi mi tocca stanarle nei recessi di un qualche abisso lessicale. Fuori fa ancora il solito sordido freddo, che pare sempre che oggi sì, coi sandali si può, e ti ritrovi coi piedi ghiacciati. La mia storia incompiuta attende paziente una nuova svolta perché forse, chissà, arriverà un altro orizzonte da raggiungere, un altro sogno da incidere nella memoria, un'onda capace di navigarmi altrove. E io saprò cavalcarla.
Parole arruffate
Parole arruffate che poi per districarle mi ci vuole balsamo di sudore. Parole che s'intrecciano, s'attorcigliano, s'abbracciano e si lasciano. E poi stridono e s'intralciano e magari fan pure a pugni. Di nuovo si prendono a braccetto. E d'incanto, d'un tratto, fanno musica. E tutto questo nella mia testa. Spesso. Di notte.
mercoledì 15 giugno 2016
giovedì 9 giugno 2016
Finalista al concorso "Castelli di scrittori"
Dunque ho partecipato con "Dare il resto e poi sorridere" a un concorso letterario, e sono tra i dieci finalisti. E' un concorso locale, ma ha avuto un'organizzazione coi fiocchi tanto da meritarsi una giuria di tutto rispetto, che coinvolge cinque addetti ai lavori, di quelli veri. La premiazione si svolgerà domenica, gli altri finalisti, di cui ho sentito leggere dei brani, sono tutti bravissimi e non spero di vincere. Quello che davvero sogno è che un membro della giuria, fosse anche l'unico che ha votato per il mio libro, si avvicini a dirmi: "Ti adotto".
Sì, ti adotto, ti prendo per mano e ti guido, il talento c'è, facciamone insieme qualcosa.
Scheggia stai zitta che lo so, chi mai se ne prenderà la briga, ma intanto lasciami un po' sognare, che c'è bisogno anche di quello, ogni tanto, nella vita. E' un po' come quando giocavo a pallavolo e sognavo che un giorno arrivasse Quinxia Pu, a quei tempi allenatore della nazionale, e mi dicesse: "Vieni, che ti porto con me". Non è mai arrivato, ovvio, ma anche il solo sognarlo è stato bello, per il tempo che è durato, e rimane un ricordo inebriante. Anche un sogno che resta un sogno lascia un bel segno nella memoria, Scheggia. Fattene una ragione.
venerdì 15 aprile 2016
"Dare il resto e poi sorridere" non deve morire...
L'ho pensato, e poi l'ho scritto. Forse non proprio in quest'ordine, nel senso che l'ho pensato mentre lo scrivevo, l'ho scritto mentre lo pensavo, ma comunque ce l'ho fatta, sono arrivata alla fine. Per quanto si creda, non è facile arrivare alla fine. Ci sono giorni - tanti - in cui ti chiedi cosa stai facendo, ne vale davvero la pena? Qualcuno lo leggerà? Ma sto scrivendo per me o per gli altri? Giorni in cui scrivere mi faceva bene, giorni in cui mi sembrava una maledizione, in cui perdevo il senso e poi lo ritrovavo.
Dopo averlo scritto ho cercato un editore, non è facile nemmeno questo. Lo volevo bravo, anche se piccolo. Capace, onesto, serio. Volevo che il mio libro avesse una veste dignitosa, non una di quelle copertine che sembrano create in word da un dilettante allo sbaraglio. Volevo una copertina vera, un interno curato. Ce l'ho fatta, credo che sia un bel libro. Lo guardo e mi piace, sono contenta...
Ora, dopo averlo fatto nascere, viene la parte più difficile, farlo sopravvivere. Perché i libri vanno al macero, o smettono di venire stampati. In altre parole... muoiono.
Dunque... come aiutarlo a sopravvivere?
mercoledì 30 luglio 2014
Per il momento
Io penso che potrebbe anche smettere di piovere, direi. Che ormai le piante e i giardini l'acqua ce l'hanno. E chi odia il caldo non ha avuto modo di lamentarsi nemmeno per due giorni di seguito, dunque, diamogli modo anche a loro, di arrabbiarsi un po', dico io. Che qua, che si arrabbino sempre gli stessi, non va mica tanto bene.
Poi penso anche che gli editori dovrebbero anche rispondere, ogni tanto. Che so io, uno vi manda una bella proposta di traduzione con tanto di Buongiorno, Grazie, Cordiali Saluti, se insomma proprio non hai che dire, almeno rispondi al buongiorno, al grazie, ai cordiali saluti. Che si starebbe meglio, secondo me, nella vita, se ci si facesse un bel sorriso ogni tanto, noi traduttori e voi editori. Se si andasse un po' a braccetto, insomma, se si chiacchierasse un po'.
Però se almeno smettesse di piovere andrebbe già bene, per il momento. Non per sempre, ma almeno per il momento sì.
mercoledì 18 giugno 2014
Piogge
Io ci sono notti che invece di dormire mi piovono pensieri addosso. E non voglio ripararmi perché magari ce ne sono di buoni, tra quei pensieri lì, che chissà. E allora sto sotto la pioggia, e ascolto, e non dormo...
martedì 6 maggio 2014
La Scheggia e io
ZITTA
Scheggia che lo so che potrei fare un milione di cose invece che star qui a
scrivere parole che nessuno leggerà mai, che per esempio potrei mettere in
ordine l’armadio, che ce ne sono di cose da sistemare nell’armadio, anche
stirare Scheggia, sì lo so che ci sarebbe da stirare, e invece me ne sto qui
seduta col computer sulle ginocchia come se non ci fosse niente di più urgente
al mondo, e stirare sarebbe più urgente, lo so, Scheggia, lo so. Dovrebbero
toglierti il dono della parola, a te, Scheggia, che diventi troppo petulante,
tu, certe mattine.
venerdì 2 maggio 2014
Di semi e germogli
Al
principio è sempre una frase. Tagliente, ritmata e perfetta. Ha la forza di un
incipit, anche se poi non lo diventa. È violenta perché si impone, non sempre
quando ho voglia di accoglierla. Spesso alla fine di quelle giornate passate a
decidere che basta, non scrivo più, il gioco non vale la candela. Spesso la
sera tardi, quando è tempo di assopirsi. Poi sono notti, quelle, in cui di
solito non dormo.
Di
base c’è quasi sempre un certo stato d’animo, una sorta di frustrazione
interiore non necessariamente legata a qualcosa che è successo, o non è
successo, e forse non accadrà mai. Un vuoto che preme per trasformarsi in
pienezza, prima che si allarghi troppo. Un vuoto che calamita parole.
Questo
genere di frasi qui raramente arrivano da sole. Spesso si portano dietro un’immagine,
o tante immagini, e altre parole, uno stuolo di parole, tutte insieme. E allora
mi vien paura di dimenticarle, perché lì nel buio, un po’ sveglia e un po’
dormendo, son parole che mi sembran buone. Di quelle parole, insomma, che scordarle
ti sembra uno spreco. Di quei semi che, se piantati e innaffiati, han tutta l’aria
di poter germogliare.
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